venerdì 24 giugno 2016

La frutta di stagione (criasgia e fichi d’agliola)




Paolo Demuru, La raccolta delle ciliegie, acquerello, 2016
  
Quand’ero fanciullo le botteghe e il mercato nei paesi non si riempivano di frutta di ogni specie quasi tutto l’anno. La presenza di frutta era relativa e aveva carattere locale e stagionale.
Dopo qualche mandarino per Pasqua attendevo con ansia le prime ciliegie (la criasgia).

Con l’arrivo delle giornate soleggiate e  lunghe andavo a vedere tutti i giorni l’albero del ciliegio; ne osservavo i frutti  piccoli, verdi e duri e appena li vedevo ingrossare e cambiare colore facevo immaginaria conta dei giorni restanti all’assaggio sul campo.

Osservavo i rami divenire sempre più pesanti, sempre più bassi e a portata di mano mentre il frutto virava dal giallo al rosso chiaro e infine a quel rosso scuro tipico della  giusta maturazione, via spianata a quell’attesa prova. I primi assaggi non prevedevano lo scarto dei semi e mi chiedo ancora se mai avessero agito da pulitori del mio docile intestino o avessero arrecato altro beneficio, poiché di fatto non ricordo nessun effetto negativo.

In queste contrade galluresi, la ciliegia era il primo frutto di stagione, gustoso e colorato che si poteva cogliere direttamente dall’albero, a testimoniare l’aumento di quel tepore che concludeva la primavera.

La maturazione delle ciliegie era un evento sociale.  Anche la maestra del villaggio si faceva trasportare dall’idea di accompagnare i bambini a farne una abbondante scorpacciata in qualche albero vicino. 

Tutti ne beneficiavano, nessuno escluso; chi non possedeva alberi spesso ne riceveva almeno un cestino pieno in dono dal vicino, dal compare o dall’amico. Dai paesi s’incamminavano frotte di donne, all’occasione sorprendentemente  gentili e riverenti, verso le campagne ricche di alberi carichi di frutti porporini, per farsene larga provvista.

Altri frutti che, dopo breve intervallo, si presentavano nella loro prodigiosità erano i fichi a giugno (fichi d’agliola o di santu Ghjuanni), attesi e graditi; questi erano capaci di addolcire il palato e l’appetito, verdi o neri che fossero, ma la priorità, la sorpresa era sempre riservata alle ciliegie, forse più umili, ma cariche di tanta leggiadria.

Paolo Demuru

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