giovedì 21 settembre 2017

Li Pricunti (Il fidanzamento)

Ecco cosa scrive  "La Gazzetta del Medio Campidano" del 15 settembre 2017, pagina 13, a proposito della commedia in Gallurese di Paolo Demuru intitolata "Li Pricunti".


giovedì 7 settembre 2017

La diga sul fiume Coghinas

La diga del Coghinas, foto dell'autore, 1986

Immaginare quale impressione possa aver portato nella mente dei pastori galluresi la costruzione della diga sul Coghinas (illu Riu Mannu) non è cosa semplice né scontata. Tuttavia qualche cenno sarà possibile annotarlo. 

Lo sbarramento grigio che siamo soliti osservare è sorto intorno al 1926 per frutto d’ingegno e di fatiche umane. Una immensità di persone vi presero parte. Mai prima d’allora fu vista o immaginata tanta gente ingegnarsi a vario titolo nella stretta di Muzzoni e in tutta l’area di la Gaddhura d’Oscari. Vi arrivò la corrente elettrica proveniente dalla appena costruita diga di S. Chiara sul fiume Tirso attraverso un lungo elettrodotto. Vi arrivò una strada con deviazione dalla Oschiri Tempio. Vi arrivarono mezzi imponenti, materiali mai visti, né pensati, trasportati da carri e camion impolverati e con lezzo di olio e di benzina. Vi giunse una moltitudine di uomini (cinquemila), parecchi con donne e bambini bisognosi di prendere alloggio in provvisorie baracche che si sarebbero trasformate in case e, successivamente, in un villaggio. 

Gli uomini erano figure esperte nei lavori di sbancamento, di cava, di miniera; provenivano dal Sulcis, dai 18.000 che avevano costruito la diga sul fiume più lungo e più ricco di acque dell’Isola e tutti, in questa vallata, si adoperarono in turni piuttosto faticosi. Scavarono il letto del fiume, penetrarono per una cinquantina di metri nelle due sponde, minando ed estraendo granito. Vi piazzarono le basi ed eressero il potente muro che avrebbe dovuto contenere una quantità come 250 milioni di metri cubi del liquido più prezioso nel mondo. Gli ingegneri Perotto e Faconti studiarono e diressero i lavori di costruzione del ponte agile e snello su doppia fila di colonne e un bell’arco centrale per supportare la strada di collegamento da Oschiri a Tempio, poiché  quello esistente doveva essere necessariamente sommerso.

La nuova centrale doveva produrre energia per le industrie, luce per le case ma molti della Gallura e dell’oschirese non né godettero Videro scomparire sotto le acque dell’invaso terre e pascoli fino ad allora fruiti; videro scomparire vigne e case e i magri compensi non risarcirono certo il mal di cuore per le reali mancanze. Noi non abbiamo assistito a quelle rinunce, siamo nati vedendo ed ammirando quella distesa argentea e cupa brulicante di pesci e sorvolata da gabbiani e cornacchie. Avvicinandoci alle rive vi abbiamo ammirato la grande distesa increspata appena dalla brezza, vi abbiamo notato i monti capovolti, specchiarsi le nuvole, brillare il sole e pure la luna. Vi abbiamo visto le nostre immagini a testa in giù, un po’ come la nostra storia che ci ha preceduti che poco e male ci è stata raccontata. Non più una ricchezza o riserva per chi in prossimità vi era nato e cresciuto ma una disponibilità, una comodità  per comunità o singoli lontani e ignari degli uomini e dei sacrifici che si sono consumati lungo le due sponde di lu riu MannuOggi siamo soliti volgere lo sguardo al lago, come se fosse da sempre esistito tra colline sempre meno verdi, sempre più brulle, senza tante meditazioni che ci possono apparire inutili o noiose ma non facciamo a meno di vederlo d’argento o d’azzurro a seconda della giornata dell’ora, della posizione del sole, del nostro umore.


Qualcosa mi stimola a concludere in un certo modo e mi sia veniale se mi permetto di svelarlo: sotto quella riserva d’acqua vi è una parte della nostra storia, del nostro passato, che è costato ai nostri nonni fatica e attese, forse ad un tratto interrotte. Da quella massa viva e in continuo movimento che lambisce graniti e sabbia che avanza e si ritira, a seconda della stagione, potrebbe nascere un domani qualcosa di tanto ambizioso quanto oggi impensabile. L’ambiguità e l’arrivismo non hanno cuore,  l’ingegno e la creatività non hanno confini.

Paolo Demuru