sabato 29 dicembre 2018

Il mio viaggio a Balascia. Articolo di Lorenzo Di Biase.

Di seguito un articolo scritto dal Prof. Lorenzo Di Biase, il quale riporta le sue riflessioni sul viaggio che lo portò a visitare Balascia.

Balascia, chiesa di San Giovanni, foto di Lorenzo Di Biase

Balascia, campanile della chiesa di San Giovanni. Foto di Lorenzo Di Biase.
Mi recai a Balascia per effettuare un servizio fotografico a me necessario in quanto sono l’autore del libro titolato “DON FRANCESCO MARIA GIUA. L’UNICO PRETE SARDO CONFINATO DAL REGIME FASCISTA”, edito dall’A.N.P.P.I.A. Sardegna nel 2010.

Il libro racconta le vicissitudini vissute dal prelato a seguito di una delazione circa un sermone da lui tenuto durante una messa domenicale nella chiesetta di Balascia, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. Questo fatto fu portato alla conoscenza dei Reali Carabinieri di Ozieri che istruirono la pratica, dopo aver raccolto la denunzia di un abitante della piccola frazione montana. Denuncia che però fu rafforzata dal fatto che alla fine furono ben quattro abitanti che la firmarono. Alla fine  la Commissione Provinciale per l’Ammonizione ed il Confino di Polizia riunitasi a Sassari, nel Palazzo della Prefettura, in data 19.06.1940 condannò Don Giua, che continuava a dichiararsi innocente, a due anni di confino di polizia da scontare in Basilicata nella località di Pisticci. Don Giua venne accusato di disfattismo e di essere pericoloso in linea politica. Egli partì dunque per l’esilio anche se in seguito la Commissione per l’Appello ridusse la condanna ad un solo anno.

Dunque il fascismo irruppe prepotentemente nel piccolo borgo di Balascia, un luogo montano della bellissima Gallura composto da un modesto raggruppamento di case e di abitanti all’epoca tutti dediti alla pastorizia e all’agricoltura. Un luogo isolato in cui domina la pace con una natura ricca ed affascinante in cui gli alberi e gli arbusti sardi spadroneggiano indisturbati anche se spesso sono piegati dalla forza del vento, che riesce persino a modellare i maestosi graniti galluresi.

Vi arrivai una domenica mattina d’inverno. Una mattina carica d’umidità e di nebbia ma senza pioggia. Il cielo risultava coperto da uno spesso strato di nubi. Insomma, una tipica giornata invernale davvero fredda e certamente non invitante per gite fuori porta. Attraversai il paese di Oschiri senza incontrare né traffico né persone. Qua e là mi imbattevo in un bar aperto ma non si vedeva nessuno, perché alcuna persona si avventurava in giro per le strade ed i marciapiedi risultavano desolatamente vuoti. Inforcai la strada statale per Tempio Pausania e su un ponte oramai datato attraversai il lago del Coghinas coperto da una fitta nebbia che pian pianino cercava di salire verso l’alto, verso i monti. In effetti l’acqua neanche si vedeva e sembrava di galleggiare su un mare di nebbia. Il silenzio era inquietante. Io continuavo a procedere con un’andatura lenta per godermi lo spettacolo della natura ma con una certa paura dettata dall’essere circondato dal nulla. Anche gli  animali erano spariti. Nessuna traccia di mucche né di pecore e neanche di uccelli. C’era il vuoto! Tutto evidentemente era ancora addormentato. Per altro io non sapevo di preciso dov’era la strada per Balascia se non un generico indizio che prima o poi avrei trovato una indicazione. E così fu. Dopo aver lasciato alla mia sinistra una casa abbandonata e aver effettuato un imprecisato numero di curve davvero impegnative raggiunsi il Passo del Limbara e subito dopo svoltai a sinistra alla volta di  Balascia. La strada era indicata da un cartello di colore bianco riportante BALASCIA con una  scritta in nero. La percorsi. Era decisamente stretta ma asfaltata, circondata da maestosi graniti e da una fitta vegetazione tipicamente sarda, che mi portò ad un agglomerato di case, una ventina ad occhio e croce, e alla Chiesa di San Giovanni Battista, piccola ma accogliente e direi decisamente carina. Qui trovai parcheggiate un paio di autovetture. Tutte le case rigorosamente chiuse, così come anche la chiesetta. La nebbia che ancora opprimeva il paesaggio. Ma almeno c’era segno di vita. Un paio di cani abbaiavano in lontananza, sicuramente disturbati dal passaggio della mia autovettura.
Pensai di aver fatto un viaggio a vuoto. Sicuramente ero partito molto presto ed arrivai a Balascia attorno alle nove e un quarto del mattino. Girai a piedi nelle stradine del borgo per poi convergere sul sagrato della chiesa e lì pensi a Don Giua. Alla sua omelia domenicale innanzi ad ottanta persone ed alla sua frase incriminata “l’Italia era alla vigilia della guerra la quale sarebbe stata guerra di distruzione dell’umanità”. Lui inoltre era solito trattenersi a fine messa per parlare coi fedeli, per scambiare quattro chiacchiere prima del pranzo domenicale. E lì parrebbe che egli, quasi proseguendo il suo sermone, disse che per evitare la guerra “bastava eliminare Hitler e […]”.
Pensai che queste affermazioni certamente non potevano recar alcun danno al potente regime fascista. Quale rovina poteva arrecare un umile prelato di campagna al potente regime fascista?  In effetti poi un uomo di chiesa com’era Don Giua non poteva che sostenere che la guerra portava lutti e distruzione e dichiararsi a favore della pace. Dubito poi seriamente che la frase su riportata e pronunciata nel sagrato della chiesa possa essere stata per davvero detta dal sacerdote. Ma tant’è. Il pugno duro del regime si abbatté senza nessun tentennamento a Balascia schiacciando sia l’uomo che il prete che fu sradicato dalle sue abitudini quotidiane per venire prima arrestato e poi tradotto a Pisticci con i ferri ai polsi, circondato da un nugolo di Carabinieri e di Camicie nere, come se fosse un delinquente della peggior specie. Perché per il regime fascista gli oppositori politici erano peggio dei delinquenti comuni. Venivano considerati degli appestati e come tali isolati.
Balascia è tutto questo per me. E’ sì un borgo ameno, sperduto nei monti galluresi, ricco di una splendida  natura selvaggia. Ma per me è anche un luogo carico di storia dove è stata scritta una oscura pagina a cura dell’imponente macchina repressiva fascista. La delazione. La denuncia. L’arresto. Il confino. Un curato di campagna contro Mussolini. Allora vinse Mussolini. Ma Don Giua rientrò dal confino per riprendere il suo incarico di vice parroco ad Oschiri anche se poi fu trasferito a guidare la parrocchia di Nughedu San Nicolò sino al suo pensionamento. Ma egli rimase sempre legato ad Oschiri al punto che nel suo cimitero riposano le sue mortali spoglie.
Lorenzo Di Biase


giovedì 6 dicembre 2018

Il Museo nel bosco - La mia isola - Itinerari -



Ecco l'articolo apparso su
La Nuova Sardegna del 1° Dicembre,
a cura del Prof. Giuseppe Pulina.

Nella prima foto il monumento alla flora e alla fauna locali. Nella seconda pagina, nella prima foto, l'autore in compagnia del poeta e scrittore tempiese Pasquale Ciboddo, presso il monumento al cantore di Gallura Luigino Cossu.

Seguono, il panorama del lago Coghinas visto dalla punta di Lu Muvroni, la statua di N.S. di Balascia e infine uno scorcio del monumento a Fabrizio De André