mercoledì 25 maggio 2016

La quercia di Balascia




Fra gli alberi  più frequenti in quest’area troviamo il quercus ilex, o quercia. Può raggiungere altezza e mole notevole. Dalla crescita lenta, longevo e sempreverde, esso è l’albero che esprime maggiore fierezza, alla pari delle manifestazioni granitiche, che spesso orna e accompagna traendone riparo dai venti e acqua per le sue radici penetranti. 

Il suo legno duro e pesante è un ottimo combustibile da caminetto e la sua chioma fresca e rigogliosa ha sempre riparato da intemperie uomini  ed  armenti. Produce ghiande, ottimo alimento per suini ed ovini. Dà ottimo carbone per cui tra l’ottocento e il novecento ne è stata spogliata la Sardegna

Presenta contenuti di tannino elevati tanto da reagire col ferro che le viene a contatto assumendo particolare colorazione. 

Per la sua monumentalità  e caratteristica spesso era punto di riferimento e poteva esprimere un toponimo come la Liccia Tunda (la quercia tonda), la Liccia Manna (la quercia grande). I notai, nei loro rogiti, spesso l’hanno annotata come punto di riferimento per il confine di un terreno. I nostri antenati ne utilizzavano il tronco per la struttura dei carri, pesante ma solida per affrontare le forti sollecitazioni delle piste pietrose e spesso scoscese.

L’esemplare in immagine (foto del 1986)  ha superato di gran lunga secoli di età; raggiunge una decina di metri d’altezza e copre la pista di fronte. E' cresciuta al fianco di un imponente masso granitico alla pendice nord del Nuraghe Ruju. I nostri antenati la chiamavano la Liccia di lu Rotu  (la quercia dell’aia) poiché nelle vicinanze vi ammucchiavano i covoni per essere  mondati.

La sua rispettabile longevità è testimone eloquente di un passato di sacrifici, operoso e creativo nella serenità drammatica, e avvincente di albe e tramonti, brine e nevicate, colonie di ciclamini e viole.

Paolo Demuru

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