giovedì 7 giugno 2018

La mandria di Balascia (la mandra di Balascia)

La Mandra di Balascia
A Balascia, nell’area del Museo Tematico all’Aperto, tra le altre tracce visibili del lavoro umano vi sono i ruderi di due mandrie, sorta di recinti costruiti  in muratura a secco, di ricovero per il gregge. Parlare di una di queste è, senza dubbio, tornare un po’ indietro, non tanto nel tempo come tale, quanto nel processo economico sociale che, dico io, in sì breve volgere di anni ce ne ha allontanati. Cercando, appunto, di fare memoria attraverso il polverone che ci divide e facendoci condurre da quel filo immaginario che ci può unire, vediamo se, in breve,  è possibile manifestare il mio intento.

La mandria, nella vita agro pastorale di anni addietro assumeva importanza quasi vitale per i rapporti tra gregge (di capre soprattutto) e pastore; per questo la sua collocazione nell’azienda godeva di non poca riflessione. Tra le tante opportunità che doveva assolvere vediamone alcune: vicinanza alla casa del pastore, luogo asciutto, base solida, in leggera pendenza e al riparo dai venti.

Il recinto, spesso, era alto e sormontato da (lu rasittu) frasche dure e pungenti (rami di ginepro) per dissuadere le capre dal loro facile saltare. L’unico accesso era assicurato da un cancello  in legno (la ‘jaca) di ginepro od olivastro (nibbaru o uddhastru) costruito dallo stesso pastore. Poteva aprire verso l’interno o l’esterno poiché il perno era sistemato, solitamente, al centro del muro che lo reggeva. Il fermo era sovente risolto con due legni amovibili che conficcati nel muro, nel lato opposto al perno, ne assicuravano la chiusura e ne favorivano l’apertura.

Una pertinenza immancabile illa mandra capruna era (lu salconi)  il ricovero dei capretti destinati alla commercializzazione. Si trattava di un tunnel o corridoio a sezione triangolare con ingresso dall’interno della mandria e corpo esterno ad essa. Questo particolare era quello che distingueva la mandria delle capre da quella delle pecore, generalmente più semplice e spesso un chiuso risolto semplicemente con cisto (mucchju) o frasche simili, e che aveva pavimento in pietrame e pareti interne in tronchi che si incontravano verso l’alto per essere coperti ancora con zolle di terra o pietrame stesso.  I tronchi potevano essere sostituiti da lastre in granito le cui estremità superiori si incontravano per assicurare la maggior stabilità.

Una mandria poteva avere uno o più salconi, a seconda della capienza o della quantità dei capi che componevano il gregge. Altro particolare era il sistema di chiusura: una sorta di tronchi di lunghezza decrescente verso l’alto erano tenuti da due tronchi conficcati nel terreno che seguivano la stessa geometria della sezione del ricovero e ben fissati all’estremità superiore. L’apertura e la chiusura avvenivano togliendo o  aggiungendo gli appositi legni nella successione appena annotata. La stessa mandria poteva disporre di vani laterali, nel muro perimetrale, necessari per appoggiare contenitori o altri oggetti necessari alla miglior conduzione della vita pastorale.

I capretti, come accennato, non dovevano da subito seguire le madri al pascolo, poiché si sarebbero esposti a molti pericoli da parte di predatori, sarebbero subito dimagriti e l’approccio con le essenze vegetali che sarebbero andati brucando potevano togliere gusto alle loro carni pregiate; inoltre avrebbero succhiato dalle madri tanto latte che il pastore non ne avrebbe avuto abbastanza da poterlo trasformare in formaggio, direttamente o indirettamente, né assumerne lui stesso per il suo necessario sostento.

Altra caratteristica riscontrabile nella mandra capruna poteva essere la parte coperta con frasche (lu barraccu) per dare al gregge e al pastore mero riparo durante la mungitura e, dopo, mentre consegnava i capretti alle rispettive madri per la poppata serale o del mattino.

In questi ambienti si esprimeva il pastore, tra i rigori delle stagioni e gli imprevisti più vari che potevano  riguardare malattie e morienze di capi o scarsità di pascolo, poca resa di latte, carenza di capretti da destinare alla vendita e, non ultimo, calo di prezzo del prodotto.

Il suo vivere poteva essere sano, spensierato e bucolico ma spesso  si manifestava in sacrifici e attese mai compensate. Non sempre il canto che esprimeva dietro il gregge veniva da soddisfazioni ma bensì dalla necessità  di dare ragione alla su stanchezza e senso alla sua solitudine. Non nella certezza ma nella speranza i pastori del mondo e di questa contrada hanno tradotto la vita fino a noi; ora la ricerca sfrenata del più e del meglio ci ha introdotto in una nuvola ingannevole dalla quale pare trapeli sempre,  maggiore arrendevolezza e meno serenità....

Paolo Demuru


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