martedì 30 gennaio 2018

Ma era un sogno (ma er’un sonniu)

Paolo Demuru - monumento a P. Cerchi poco prima di essere collocato a Balascia nel Museo Tematico all’Aperto
...ero tra persone conosciute e in un ambiente indefinito ma non del tutto estraneo alle mie conoscenze. Tra gli altri, mi si presentò dinanzi un volto noto che mentre tentava di sedersi su di un piano piuttosto basso, lamentando la sua incipiente artralgia, mi allungava, con la mano sinistra, un libro dentro una busta semi trasparente tanto che facevo fatica a leggerne titolo e autore. Io mi sentii commosso e allo stesso tempo debitore di un caloroso ringraziamento per il regalo ben gradito che stavo per ricevere. Mentre allungavo la mano titubante vidi chiaro il volto del gentile amico, pallido e incorniciato da capelli bianchi e con un leggero sorriso. Volevo dire qualcosa ma balbettavo dentro di me mentre osservavo altri libri in una borsa a fianco dell’amico, leggermente chino nell’atto del sedersi, senza proferire parola.

Ora credo sia giunto il momento di dire chi era costui. Era Placido Cherchi in un’atmosfera da sogno che, meditabondo come al solito, porgendomi un regalo prendeva posto a sedere di fronte a me. Non proferì parola e neanche io feci in tempo a farlo poiché tutto cominciò a svanire in fretta. Non mi dispiacque la visione perché si trattava di un amico, e neppure il gesto, perché ho sempre gradito i suoi scritti.

L’evento fugace che ho appena raccontato poteva essere successo veramente durante i vari momenti in cui sono andato a la Conciareddha a trovarlo, dove spesso abbiamo parlato del più e del meno. Ma l’incontro che ricordo con maggior interesse e trasporto è quello che risale al l ottobre 2011.

Lo avevo incontrato il giorno precedente di fronte all’ingresso della pineta e ci demmo appuntamento per il seguente.
L’indomani, verso le nove ero a Balascia. Feci un giro nella pineta, poi mi avviai a la Conciareddha e trovai Placido intento a ricollocare un’anta del cancello d’ingresso alla corte della sua casa. L’aveva trasportato dal punto in cui lo aveva riverniciato, aiutandosi con la carriola perché era piuttosto pesante.

Tra l’altro mi confidò: -Inoghe ch’at duas cosas de timere, sa frommìia e su sorighe proitte tottos duos si mandigan donzi cosa. Sa frommìia est in tott’ue e sos sorighes micch’an’ mandigadu tenamente sos filos de su motore e appo rischiadu de no mi paltire sa macchina...(Qui ci sono due cose da temere, la formica e il topo poiché tutti e due rodono ogni cosa. La formica è ovunque e i topi mi hanno rosicchiato anche i fili del motore ed ho rischiato che non mi partisse la vettura).

Ma Placido non si faceva certo scoraggiare da formiche e topi, anch’essi compagni di viaggio, come non si scoraggiava delle persone, a volte, difficili da raggiungere e da intrpellare, o poco disposti ad ascoltare. Tra l’argomentare mi parve di scoprire quanto, ormai, conosceva Balascia nelle sue forme naturali e nelle abitudini consolidate. Parlammo per un paio d’ore e toccammo vari argomenti; il sogno di questa notte trascorsa è stato breve ma intenso e capace di risvegliare sentimenti lontani e profondi, confermare o no il passato e, in qualche modo, togliere un velo al futuro. A questo punto, essere un po’ sognatore non mi dispiace alquanto.

Paolo Demuru

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