lunedì 6 novembre 2017

Antonistevanu


Era ormai quasi buio quando comparve alla porta una persona a cavallo: parlò con i miei e poi proseguì il suo cammino. Non poteva trattenersi oltre quella sera perché doveva raggiungere un altro casolare di parenti. Era Antonistevene ‘emuru, come era chiamato e conosciuto a Berchidda dov’era nato il 2 febbraio del 1901.
Era sulla cinquantina ed io forse sui cinque o sei anni. In seguito sentii parlare spesso di quest’uomo dai miei, ricordare le sue doti di compositore e cantore dei suoi stessi versi, amabile e di buona compagnia. Gradiva trascorrere molto del suo tempo a rendere visita ai suoi parenti nella Gallura di Oschiri, specie in occasioni di matrimoni, battesimi, cresime o semplici ammazzatogghj di polcu (la tradizionale uccisione del maiale), sempre disponibile ad esibire la sua bella voce, a fare si che l’intrattenimento, di qualsiasi natura fosse, raggiungesse  un buon risultato.

Negli anni settanta andavo spesso a trascorrere periodi di ferie con moglie e figli piccoli a Vilgagghju; con mio suocero, parlavamo spesso di quest’uomo, docile e spensierato, non troppo fortunato in amore ed affetti ma dotato di ugola e poesia e, ormai, su con gli anni. Nei primi d’autunno del 1978, mio suocero mi chiese di accompagnarlo a Berchidda per rendere visita al caro parente. Non me lo feci ripetere due volte. Ci preparammo, presi la macchina e subito fummo in strada, decisi ad incontrare Zi’Antonistevanu.

Seguimmo la via più breve per cui svoltammo a sinistra alla fine del primo troncone del ponte Diana e per l’allora strada bianca giungemmo senza fatica al luogo desiderato. Berchidda, un piccolo slargo -Chissa podaria esse la casa d’Antonistevanu- (quella potrebbe essere la casa di d’Antonistevanu), disse mio suocero, ed io fermai prontamente il mezzo per un attimo di riflessione. Mentre, dall’interno della vettura, ci guardavamo intorno un anziano, vagamente curvo e con un pentolino in alluminio alla mano destra arrivò ed entrò dalla porta socchiusa che avevamo già osservato. -Millu mi’, chiss’è iddhu- ( eccolo, è lui), concluse mio suocero. Scesi e ci apprestammo alla porta che era divenuta socchiusa e bussammo; una donnetta snella ma non più fiorente aprì, ci scrutò ed esclamò facendo, con un inchino, un passo indietro e chiamando, poi, il fratello Ite so idende! Abbaida Antonistè’ ite bell’improvvisada.  Abbà’! E benennidos..., intrades... (Che cosa sto’ vedendo! Guarda Antonistè’, che bella improvvisata, guarda! E benvenuti…, entrate…) - Seguirono strette di mano, abbracci, convenevoli vari, abbondanti ed affettuosi.

Prendemmo posto in alcune poltroncine, presso un tavolo, circondati dalle premure dell’anziano cantautore e della sorella Giovanna Maria. Ammaliati da mille chiacchiere, consumammo insieme una cenetta niente male a base di formaggi, salsicce e qualche sorso di buon vino delle assolate pendici del Limbara. Zi’Antonistevanu ricordava con trasporto ad uno ad uno i parenti della vallata di lu Rìigghjolu, le prove di canto con Mario Scano e Luigino Cossu a “Frati Cani”, così come le tante serate sui palchi, perfino a Cagliari e Genova. Ricordò con commozione le due figliole lontane e il distacco dalla consorte con dovizia di particolari. Raccontò delle riflessioni e dei momenti malinconici trascorsi in solitudine, lontano dai palchi e dagli amici che tanto voleva vicini. L’ora trascorse così velocemente che quando ci ricordammo di dare uno sguardo all’orologio, questo segnava le cinque del dì seguente. La sorella Giovanna Maria, scusandosi, si era ritirata già da diverse ore nella stanza attigua. Non ci restava che prendere con noi la copia del libro che il nostro ospitante aveva pubblicato l’anno precedente, che tanto ci aveva caldeggiato, perché i versi contenuti erano la sua vita, la sua gioventù giullaresca, la sua fragilità, la sua saggezza conquisa a caro prezzo.

Rientrammo a casa inseguiti gradevolmente dal chiarore dell’alba portando con noi le premure della gentile sorella e dell’umile menestrello che tanto aveva allietato, al lume del fuoco o al più, di candela, i parenti e non solo, giovani ed anziani nelle frazioni della Gallura di Oschiri.
L’anno dopo, venimmo a sapere, che era deceduto a Codrongianos in una casa di riposo per anziani.

Paolo Demuru

1 commento:

  1. Si. Polo Demuru
    Ho letto con piacere il suo ricordo di Antoni Istevene 'Emuru
    Lo possiamo pubblicare nel giornale Bimestrale DI Berchidda Piazza del Polopo (WWW-quiberchidda.it), ovviamente a suo nome)
    Grazie
    Giuseppe Meloni
    melonigiu@tiscali.it

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