In queste aree della Gallura,
seppur isolate, le tradizioni non erano meno sentite e meno rispettate che
altrove; anzi, gli usi e i costumi hanno sempre assunto larga osservanza
specialmente sul versante della formazione della famiglia e sugli indirizzi che
portavano ad essa. Volendo ricordare il fidanzamento, o quei preliminari
cerimoniosi che dovevano portare al matrimonio vero e proprio, non si può fare
a meno di parlare di quell’incontro ufficiale o spalisugnu (dal verbo spalisà,
rendere palese) che, attraverso la presenza dei rispettivi genitori
ufficializzava i sentimenti di un giovane nei confronti della giovane con la
quale auspicava convolare a nozze.
Balli familiari,
carnevalate o altre feste erano occasione d’incontro fra giovani capaci di
sviluppare amicizie e simpatie, anche tacite o non ancora espresse, a mettere
in moto i genitori di un giovane verso la dimora della fanciulla per esprimere
le aspettative o intenzioni del figliolo. Varie e molteplici erano le
motivazioni di fondo che davano inizio al decisivo passo: condizione sociale
del giovane, patrimonio, portamento, condotta e serietà potevano essere buon curriculum in attesa di riscontro.
In momenti un po’ lontani,
a tale approccio, non era indispensabile neanche la presenza dei presunti
innamorati, ma il colloquio si consumava tra uno scambio di intenti fra adulti
e, se vi era consonanza fra le parti, questa poteva essere già motivo di spalisugnu.
I rispettivi genitori,
nell’intimità del proprio vivere, provvedevano a fare buona opera di
coinvolgimento e convincimento verso i propri figliuoli che questa cosa “s’avrebbe avuta da fare” per ragioni di
opportunità, di rango, e se poi d’amore anche meglio. L’appetito sarebbe venuto
mangiando, quanto più saggiamente e risolutamente si sarebbe preparato il
desco.
Altra tappa successiva era
l’abbracciu: cerimonia più ufficiale
che prevedeva invitati e sovente anche la pricunta (domanda o richiesta);
questa consisteva nel far precedere il pretendente da un suo fidato che avrebbe
chiesto di poter accedere con l’amico che seguiva alla casa della spasimante
con una sorta di motivazioni che esponeva all’uomo che era alla porta. Il
colloquio si concludeva con il permesso d’ingresso, l’abbraccio tra i due
giovani amanti e la consegna di un anello da parte del giovane alla sua
preferita.
Il dovere che attendeva la
nuova coppia era sacro e profondo e doveva essere atteso con tutte le forze;
esso preludeva al rinnovo di generazioni cariche di volontà ed entusiasmo per
consegnare degnamente al riposo eterno le vecchie, quando logore e stanche.
Nel faticoso cammino non
mancavano sorprese ed inciampi ma, in quanto a correre, si era più lenti di
oggi; la lentezza faceva rima con saggezza.
Paolo Demuru
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