Paolo Demuru, La raccolta delle ciliegie, acquerello, 2016 |
Quand’ero fanciullo le botteghe e il
mercato nei paesi non si riempivano di frutta di ogni specie quasi tutto
l’anno. La presenza di frutta era relativa e aveva carattere locale e
stagionale.
Dopo qualche mandarino per Pasqua
attendevo con ansia le prime ciliegie (la
criasgia).
Con l’arrivo delle giornate soleggiate
e lunghe andavo a vedere tutti i giorni
l’albero del ciliegio; ne osservavo i frutti
piccoli, verdi e duri e appena li vedevo ingrossare e cambiare colore
facevo immaginaria conta dei giorni restanti all’assaggio sul campo.
Osservavo i rami divenire sempre più
pesanti, sempre più bassi e a portata di mano mentre il frutto virava dal
giallo al rosso chiaro e infine a quel rosso scuro tipico della giusta maturazione, via spianata a
quell’attesa prova. I primi assaggi non prevedevano lo scarto dei semi e mi
chiedo ancora se mai avessero agito da pulitori del mio docile intestino o
avessero arrecato altro beneficio, poiché di fatto non ricordo nessun effetto
negativo.
In queste contrade galluresi, la ciliegia
era il primo frutto di stagione, gustoso e colorato che si poteva cogliere
direttamente dall’albero, a testimoniare l’aumento di quel tepore che
concludeva la primavera.
La maturazione delle ciliegie era un
evento sociale. Anche la maestra del
villaggio si faceva trasportare dall’idea di accompagnare i bambini a farne una
abbondante scorpacciata in qualche albero vicino.
Tutti ne beneficiavano,
nessuno escluso; chi non possedeva alberi spesso ne riceveva almeno un cestino
pieno in dono dal vicino, dal compare o dall’amico. Dai paesi s’incamminavano
frotte di donne, all’occasione sorprendentemente gentili e riverenti, verso le campagne ricche
di alberi carichi di frutti porporini, per farsene larga provvista.
Altri frutti che, dopo breve intervallo,
si presentavano nella loro prodigiosità erano i fichi a giugno (fichi d’agliola o di santu Ghjuanni),
attesi e graditi; questi erano capaci di addolcire il palato e l’appetito,
verdi o neri che fossero, ma la priorità, la sorpresa era sempre riservata alle
ciliegie, forse più umili, ma cariche di tanta leggiadria.
Paolo Demuru
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