Processione di San Leonardo, gessetto su cartoncino, Paolo Demuru, 2017 |
Tutto un pomeriggio
impegnammo per preparare lo stendardo. Togliemmo il telo dalla cassa che lo
conteneva e ci adoperammo, con fatica a stirare le parti stropicciate dalla
posizione scomoda assunta dal fatto che era stato ripiegato varie volte su se
stesso per adattarsi al volume del contenitore che lo teneva prigioniero da
anni. Andammo a recuperare le strisce di seta colorate che bisognava legare al
tronco, appena sotto la croce e poi legarle attorno allo stendardo avvolto al
bastone e scioglierle per la processione. Infine ci fu la ricerca del bastone,
lungo e spesso, che dovevamo spolverare e collocarvi, in cima la croce.
La parte più
ingombrante, ma più solenne rimaneva
comunque lo stendardo formato da un grande triangolo in raso pesante foderato
con un leggero telo in seta dorata. Al
centro, su una base in pelle vi spiccava la figura del santo a cui era
dedicato: San Leonardo. Spolverammo, stirammo, ripiegammo il tutto con cura e
riverenza quel che da quasi cinquant’anni era divenuto ex voto, simbolo e
ricordo di fede, di speranza e, comunque, di profondo riguardo e nei confronti
del santo Patrono già custode di tante anime.
Era appunto il voto che
mio nonno Giovanni aveva espresso nei confronti di San Leonardo per l’unico
figlio maschio molto malato. Era il 1926 e Giovanni e Maria Francesca ben
pensarono di confidare nell’intercessione del Santo, per così dire, più vicino.
Si adoperarono, tra le difficoltà di allora, alla preparazione dello stendardo
senza pensare a risparmiare e in poco tempo lo portarono a termine. Sicuramente
S. Leonardo ascoltò quella voce e plaudì il gesto riverente però non rinunciò a
chiedergli che il figliolo gli andasse a tenere compagnia presso la chiesa a
Lui dedicata. Il giovane morì, colpito da una forma tubercolare piuttosto
forte, e ormai da quasi un secolo le sue spoglie riposano non nella “losa” già sotto la sacrestia ma
nel piccolo cimitero attiguo, costruito a cavallo dei due secoli.
Ora avevamo di fronte a
noi quel valoroso ricordo, testimone di dolore, di fatica ma anche di
rassegnazione che noi pensavamo di portare alla festa per far parte della
processione, che si sarebbe ripetuta per tre volte attorno alla seicentesca
chiesetta, alle falde del Limbara.
Era la terza domenica di
maggio del 1973 e tutto era pronto dalla sera precedente; dovevamo solamente
infilare dal tetto apribile lo stendardo in macchina, prendervi posto in
quattro e metterci in cammino, mentre l’aurora presentatasi nei suoi colori
tenui e smaglianti cominciava a scomparire per dar luogo a una giornata di sole
splendido in un cielo pulito e azzurro.
Arrivammo presso la piazza
della chiesa e trovato un angolo libero pensammo subito di posteggiare la
macchina. All’ora della processione toccò a me prendere lo stendardo e seguire
con gli altri il percorso resosi piuttosto caldo per l’assenza di vento. Seguii
il tragitto onorato da tanti ricordi, con gli occhi a terra e al cielo,
affinché tutto andasse a dovere.
Quello Stendardo vanta
quasi un secolo di vita e non dorme più nella casa di campagna che lo aveva
assolutamente voluto ma a fianco dell’altare di S. Leonardo. Chiunque oggi può
prenderlo e seguire la breve processione che si svolge attorno alla vetusta
chiesetta e provare la mia stessa emozione di 44 anni fa.
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