Dante, Virgilio e Catone a Balascia, gessetti su cartoncino |
Ogni tanto mi capita di
sognare, a volte anche stranezze, capaci di sconvolgere o mutare completamente
le realtà concrete o astratte a cui il sogno stesso o la mente mia fa richiamo.
Appena questa notte ho
sognato una scena che tutta si richiamava al momento in cui Dante e Virgilio,
usciti a mondana luce dopo il periglioso inferno, vagano per trovare la via per
proseguire il loro viaggio. Non erano nella spiaggia del Purgatorio, come
appunto recita la Commedia ma bensì appena all’entrata del Museo Tematico, a
Balascia.
Guardatisi intorno, come
fa l’uomo che vuole rendersi conto dove sia, e volto per un attimo lo sguardo
verso la statua di San Francesco, ebbero comunque una sorpresa. Gli apparve
subito Catone, coperto da nobile tunica; la sua barba bianca e folta, la fronte
alta e i suoi capelli un po’ scompigliati denotavano alquanto la sua erudita
saggezza.
Ora, continuare in prosa
il dialogo che ne seguì sarebbe per il lettore troppo lungo ed io rischierei di
essere noioso e banale. Potrei, mio malgrado, annoiare anche il più paziente
dei miei amici. Poiché a questi limiti non ho mai ambito, mi sono rivolto alla
rima, alla stessa a cui si era affidato Virgilio nel famoso colloquio con
Catone. Questa spesso dà la facoltà di semplificare ed evitare fronzoli inutili
che distraggono da quello che è il vero oggetto da trattare. Ecco dunque il
riepilogo del colloquio avvenuto nel mio sogno, forse frutto della fantasia del
mio inconscio o reminiscenze delle ore notturne impiegate a tradurre la famosa
Commedia dantesca in Gallurese...
Non so invero se i due
poeti, in seguito, siano passati per la spiaggia del Purgatorio ma il sogno mi
porterebbe alla convinzione che Virgilio si sia fermato tra i poeti e i cantori
del Museo e Dante, sorridendo, abbia proseguito fino all’altura dove l’occhio
vaga il finito, meditando l’infinito. Catone, dal canto suo, aveva già intuito
che ogni salita porta al monte e ne aveva concesso volentieri il passaggio.
Il mio sogno era già
svanito, come tutti i sogni, e il misero bagliore che trapelava dalle tapparelle
mi annunciava senza ombra di dubbio che un’altra giornata era da affrontare.
Virgilio e Dante incontran Catone;
meravigliato e pien di commozione:
- d’onde voi venite pel Purgatorio
lungi da la spiaggia del promontorio
e chi siete, prima di proseguire
verso l’altura dell’eterno gioire?-
Virgilio: - Da lu ‘nfarru abal’abali;
chista ‘ntrat’abbalta par intrà gali
vistu n’aemu a li pedi di l’altura
passendi comu semu ‘lla Gaddhura.
Santu Franciscu c’è dendi lu ‘gnittu
par alzà sigur’e celti a lu sittu.
Di siguru cinn’è mustrendi la ‘ia
pal vidè lu locu ‘n und’è Maria.
Pessa chi ‘n chiss’alzata ghjà vi stocu
eu
cu l’antichi e li noi di l’abbentu meu.
Avviati no ci semu pa la straccura
però d’attraissavi ghjà n’aèmu cura.-
E Virgilio e Dante così decisi
non vi furon da Catone indecisi,
anzi, questi da vegliardo e saggio
volentieri concede il passaggio;
il sommo poeta raggiunge l’altura,
Virgilio il Limbo, in minor misura.
Paolo Demuru
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