Quest’oggi, sfogliando il
mio libro (Cronaca di un Mito - Bernardo De Muro attraverso i quotidiani sardi)
mi sono intrattenuto sulle pagine 50 -51 ove il cronista, oltre ad annunciare
la manifestazione serale del grande Tenore, rievocava un altro avvenimento
importante.
È il primo maggio del 1923
e Birraldinu si trovava a Cagliari per una serie di importanti recite al teatro
Margherita situato nell’omonima via e
nella parte in maggior pendenza. Quella sera, nel bel teatro della capitale,
doveva andare in onda l’Andrea Chénier, l’opera giovanile di Umberto Giordano,
diretta dal maestro Luigi Solari e, poiché anche gli altri interpreti erano di
prestigio e conosciuti, si attendeva un certo tripudio di folla. Erano
occasioni che i Cagliaritani non si facevano sfuggire.
Molti ricordavano
l’esibizione del gennaio 1916,
in piena guerra mondiale, quando il nostro artista si
era esibito per beneficenza in favore delle vedove del tremendo conflitto.
L’autore dell’articolo
colse l’occasione per rievocare una sua personale impressione colta
direttamente a Venezia, tre anni prima, del Tenore gallurese. Ne racconta l’evento,
il plauso della città lagunare attribuito per la riuscita dell’esibizione nel
teatro Malibran la sera del 22 aprile 1920. Molti amanti del bel canto avevano
disertato il teatro La Fenice, presente Giacomo Puccini, per dirigersi verso
piazza S. Crisostomo con tutta l’intenzione di ascoltare ed applaudire il
Tenore sardo cercando di scrollarsi un po’ del peso ancora incombente della non
facile guerra.
A testimonianza
dell’accorato tributo veneziano voglio trascrivere il sonetto di un anonimo
ammiratore che l’autore dell’articolo dell’Unione Sarda del maggio di 83 anni
fa semplicemente trascrisse, seguito da sobrio commento, visto il calore dei
versi citati.
Nella
gloria magnifica e divina
di
Venezia ove l’arte ha culla e trono,
ogni
anima alla tua arte s’inchina
presa
e rapita dal superbo dono
del
tuo canto che è bacio ed è carezza,
che
è squilla fiammante di vittoria
che
in se racchiude tutta la bellezza
che
il tuo cammino sfolgora di gloria.
E
commossa la folla estasiata
acclama:
“Gloria a te, Divo e Signore,
gloria
infinita” ed ecco appassionata
come
la voce d’un fremente Iddio,
la
tua voce vivrà nel nostro cuore,
perennemente
nel nostro desio.
Neanche io mi permetto di
aggiungere altro ai versi dell’anonimo se non, involontariamente, il
freddo di questo gennaio un po’
insolito.
Paolo Demuru
Che
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