Volevo
iniziare quest’argomento con la classica dicitura “C’era una volta…” ma mi
accorgo subito che non va bene e correggo: “Non c’era una volta…” ma neanche
questa espressione mi convince, soprattutto perché così non è mai stato;
infatti “non c’è mai stato…” (giusto) nelle nostre contrade un portalettere (lu di li littari).
Eppure le lettere
nelle nostre case giungevano e da esse partivano per destinazioni vicine e
lontane. Hanno tenuto i contatti con gli emigrati in America nei primi del
novecento, con i trincerati della prima guerra mondiale nelle aree del Piave,
con i fronti d’Europa, di Russia e d’Africa durante la seconda guerra mondiale.
In tempi ormai nostrani si sono scambiate notizie a mezzo lettera i familiari con i soldati,
spesso destinati a caserme del nord Italia, Cuneo, Belluno, Gorizia, e con gli
emigrati in Corsica, Nord Italia e Nord Europa.
Penso agli analfabeti, specialmente donne che dovevano rivolersi a qualche semi alfabeta per far scrivere missive per il proprio figlio, per il fidanzato, per il marito e, quando giungeva, farsi leggere la risposta…! Solo un rapporto di particolare fiducia e onestà tra le parti poteva far sì che si svolgesse un compito così delicato.
Penso a quanto cerimonioso fosse scegliere, durante la
giornata, un momento per trovare un foglio, inchiostro e penna e dedicarsi a
scrivere, mettersi in contatto con una persona lontana. Comunicare notizie,
confidare emozioni, esporre premure, concludere con convenevoli sia tramite lo scrivere che con il
ricevere, anche solo ricevere una cartolina con una bella immagine di uno scorcio lontano
e un sintetico … “Saluti da…” e il nome dello scrivente.
Ben altra emozione era
ricevere una lettera contenente una foto dal marito in Belgio, oppure quella di un giovane che riceve la foto da
una donna conosciuta in una fugace occasione...
La lettera era un braccio teso oltre il mare, un pensiero che annullava le distanze, un sentimento che si affidava ad un foglio che si materializzava mentre si leggeva. Poteva essere una conferma di forte unione o dichiarazione di un desolante addio però sempre rivestiva solennità e profonda identità, olografa o dettata che fosse.
Oggi affidiamo le comunicazioni alle email e le immagini a Facebook
conquistando un'immediatezza quasi priva di emozioni.
L’omu di li littari, scomparso dietro le innovazioni non è più tra i
pochi ricordi di decenni or sono. Nei centri abitati il portalettere è
annunciato dal rumore molesto e distinto di un motorino inforcato da un giovane
in pettorina gialla che in tutta fretta deposita nella buca delle lettere
avvisi di pagamento al posto di saluti,
auguri ed affetti. Il giovane in motorino assordante è un innominato, l’utente
un numero civico.
Quel signore di mezza età che passava e ripassava
pazientemente per consegnare la lettera al giusto intestatario, che conosceva
le famiglie una per una, che salutava e scambiava qualche battuta può essere
soltanto un sogno per chi ancora ne conserva facoltà.
Paolo
Demuru